Un albo ellenistico, sottratto all’oblio della tecnica, dove Kant incontra l’Übermensch
e sposa seducenti haiku con collage in technicolor che tramano sequenze distoniche
in asemici fumetti: forme in continuo conflitto tra artificio e feticcio in salsa erotica. Poliedrici omaggi su un immaginario carico di icone provenienti dal nostro passato recente, mixate con la postmoderna classicità dei fumetti.
Icastiche divinazioni in formato strip. Cabine retrofuturiste abbandonate. Uomini mascherati depressi. Donne volanti arrapate. Cartoline con caroselli pornografici. Uraniche visioni freudiane nello spazio siderale. Supereroi col senno di poi.
Rappresentazioni iconoclaste come alfabeti scenici dove fanno capolino i Supererhaiku di Marco Giovenale che generano un’ulteriore corto circuito semantico minacciando senza via di scampo il rito dell’industria del mito.
Alberto D’Amico si definisce un dilettante professionista. Le sue opere sono state esposte in gallerie e musei come lo Studio Miscetti, il PalaExpò, lo GNAM, il Museo Pecci di Prato e numerosi festival tra cui la Biennale del Cinema di Venezia.